Sinossi:
Questa è la storia di un ragazzo dell’Oregon che trascinava le folle facendo della corsa un’arte, andando sempre all’attacco perché, diceva, “non m’interessa vincere, ma vedere chi ha più fegato”.
Questa è la storia di Steve Roland Prefontaine, campione dell’atletica che non vinse l’Olimpiade di Monaco nel ‘72, ma a ventun’anni andò in pista per provarci, e non semplicemente per fare bella figura.
La notte di primavera del ‘75 in cui il campione se ne andò, come James Dean a ventiquattro anni, finendo fuori strada con la sua MG, deteneva tutti i record americani dalle due miglia ai 10.000 metri. Si batteva in gara e combatteva a testa alta l’ingiustizia dei politicanti dello sport, aveva mille progetti e un traguardo da raggiungere, l’oro olimpico di Montreal.
Aiutò una piccola azienda dell’Oregon, quasi a conduzione familiare, a crescere, e oggi quell’azienda è una multinazionale del fitness e non ha dimenticato che fu Steve Prefontaine a portarla fuori dai confini del suo stato.
Quando andava in pista, i suoi tifosi, il Popolo di Pre, sulle tribune di Hayward Field a Eugene, si elettrizzavano. Erano migliaia e migliaia, ogni volta. Quei ragazzi sono diventati grandi e hanno trasmesso ai loro figli i valori del loro campione.
Due majors hollywoodiane ne hanno raccontato gesta ed emozioni. Questa è la storia di Steve Prefontaine, campione sincero che ha ispirato milioni di runners in tutto il mondo.
Un uomo sempre in corsa, dentro e fuori le piste, e in anticipo sui tempi. Una meteora che non ha smesso di illuminarci.

“Un passo indietro.
Fino al lato divertente di quel feeling col pubblico.
Fino alla fantastica sfida con Young, quella dei Trials olimpici del ’72.
A quei tempi, la “Pre-mania” era scoppiata, era una febbre che contagiava Eugene. Qualcuno ci aveva visto anche il “business”, e le t-shirt con la scritta “Go Pre” andavano a ruba. Le portavano anche i soci del fans club, con in prima fila la nonna materna, che raggiunse il suo ragazzo in qualche angolo del cielo nemmeno quattro mesi dopo la sua tragica fine.
Le indossavano papà Ray e mamma Elfriede, Neta e Linda, che intanto aveva fatto strada nel tennis, all’università e a livello nazionale. Le indossava tutta la gente di Eugene che correva ad Hayward Field quando Pre scendeva in pista. Ma in quel giorno così importane per il futuro del campione a Monaco, al momento di iniziare il riscaldamento alcuni dei suoi avversari si tolsero la tuta mostrando una t-shirt bianca con un enorme segnale di stop sul petto e una scritta inequivocabile: “Stop Pre”.
Lo stesso Gerry Lindgren ne indossava una. La maggior pare delle persone in tribuna non comprese. Qualcuno si arrabbiò e manifestò il suo malumore. Soprattutto con quel pugno di ragazzi che in tribuna mostravano orgogliosi le loro magliette, e apparivano evidentemente come gli autori della trovata.
Nemici giurati? Niente affatto. Anzi: John Auka e John Gillespie erano tifosi sfegatati di Prefontaine. Ma avevano una dannata voglia di sdrammatizzare. Steve vinse quella gara come sappiamo, e durante il giro d’onore si occupò personalmente di sedare i malumori e le interpretazioni sbagliate. Con un gesto molto semplice. quando Gillespie lo chiamò agitando una di queste magliette, lui gli corse incontro, l’afferrò e la indossò. E il giro d’onore lo completò così, facendo la parodia di se stesso e della “Pre-mania” dilagante, con grande senso dell’ironia, nel momento fin lì più importante e felice della sua carriera.”

Marco Tarozzi
La leggenda del re corridore – Vita breve di Steve Prefontaine, il campione che non abbassava mai la testa.
Bradipolibri Editore